venerdì 25 maggio 2012

Messaggio da Medjugorje del 25 Maggio 2012

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Messaggio da Medjugorje del 25 Maggio 2012

"Cari figli! Anche oggi vi invito alla conversione e alla santità. Dio desidera darvi la gioia e la pace attraverso la preghiera ma voi, figlioli, siete ancora lontano, attaccati alla terra e alle cose della terra. Perciò vi invito di nuovo: aprite il vostro cuore e il vostro sguardo verso Dio e le cose di Dio e la gioia e la pace regneranno nel vostro cuore. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”


Per approfondimenti e commenti al messaggio vi invito come sempre a visitare il sito di Radio Maria.

domenica 20 maggio 2012

Apparizioni di Medjugorje, la Commissione Vaticana sottoporrà entro fine anno un pronunciamento da sottoporre a Papa Benedetto XVI.

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Apparizioni Medjugorje, la Commissione vaticana si esprimerà entro fine anno.

Il cardinale Vinko Pulijc, arcivescovo di Sarajevo, ha dichiarato che la decisione della Chiesa sui fatti di Medjugorje verrà presa con ogni probabilità entro quest'anno. Ancora sei-sette mesi di lavori, poi entro la fine di quest’anno la commissione internazionale d’inchiesta sulle apparizioni di Medjugorje presieduta dal cardinale Camillo Ruini concluderà i suoi lavori con un pronunciamento che sarà sottoposto alla Congregazione per la dottrina della fede e quindi a Benedetto XVI.

All’inzio delle apparizioni di Medjugorje era stata costituita una commissione diocesana, la quale aveva poi passato la mano alla Conferenza episcopale della Jugoslavia, che però non era riuscita a pronunciarsi sulla soprannaturalità o meno dei fenomeni, concludendo, nel 1991, con la dichiarazione «non constat de supernaturalitate», cioè «non consta la soprannaturalità»: si tratta della classica espressione prudenziale, non essendo stati i vescovi in grado né di approvare né di bocciare, segno che se non vi erano elementi sufficienti per dire «sì», non vi erano nemmeno prove che si trattasse di una truffa come sostenuto invece dal vescovo di Mostar. Il verdetto sospensivo, aperto a ulteriori approfondimenti, non è né «sì» né «no». Nel primo caso, infatti, la dichiarazione affermerebbe che «consta» la soprannaturalità, sancendo così il riconoscimento ufficiale. Nel secondo caso, quello negativi affermerebbe che «consta la non soprannaturalità», cioè è stato accertato che il fenomeno non è soprannaturale.

Nel 2010, però, papa Benedetto XVI ha istituito una commissione presieduta dal cardinale Camillo Ruini per esaminare le apparizioni della Madonna ai sei veggenti iniziate nel 1981 nel paesino bosniaco. Quando Ratzinger istituì questo gruppo di lavoro, all’inizio del 2010, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede disse che «non è la commissione stessa che prende delle decisioni, delle pronunce definitive, ma essa offre il risultato del suo studio, un suo voto – come si dice in termine tecnico – alla Congregazione che poi adotterà le decisioni del caso». Erano stato i vescovi della Bosnia ed Erzegovina a chiedere alla Congregazione per la dottrina della fede di prendere in mano la situazione. Della commissione fanno parte sei cardinali: oltre al già citato Ruini, ci sono il Prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il salesiano Angelo Amato; Jozef Tomko, Prefetto emerito di Propaganda Fide; Vinko Pulijc, arcivescovo di Sarajevo e Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria, Julian Herranz, Presidente emerito del Pontificio consiglio per i testi legislativi. Insieme a loro, teologi ed esperti in mariologia.

Durante questi mesi la commissione ha vagliato tutti i documenti scientifici delle diverse équipe mediche e scientifiche che per anni hanno seguito e analizzato le reazioni dei veggenti a cui da più di trent'anni appare la Gospa. Non solo, la commissione ha analizzato i nuovi documenti, ritrovati l'anno scorso e occultati dai servizi segreti bosniaci, che dimostrano il tentativo da parte dell' ex regime comunista di sconfessare i sei ragazzi e di mentire sulla loro condotta e su quella dei francescani legati alla parrocchia di Medjugorje. Sono stati vagliati anche i presunti i miracoli, le guarigioni e la bontà dei frutti (come le confessioni, le conversioni, le associazioni caritative e i movimenti laicali e religiosi) maturati da questi eventi. Anche i sei veggenti sono stati interrogati.


Nel giugno 2011 sono state ricevute segretamente a Roma Ivanka, fra i tre veggenti che hanno ricevuto dalla Madonna tutti e dieci i segreti che riguardano eventi futuri, e Viska, che avendone ricevuti solo nove vede ancora tutti i giorni la Vergine. Marja e Mirijana sono state ascoltate alla fine dell'anno scorso: la prima, riceve ancora un messaggio pubblico che annuncia al mondo ogni 25 del mese. La seconda ne riceve un altro ogni 2 del mese per guidare l'umanità sulla via della conversione. I due ragazzi, Jakov e Ivan, sono invece giunti a Roma qualche mese fa. La commissione guidata da Ruini ha quindi già incontrato tutti i veggenti, convocati in segreto a Roma in una sala della Congregazione per la dottrina della fede, dov’è custodito anche l’archivio del gruppo di lavoro. I membri della commissione predispongono con largo anticipo gli appuntamenti, in modo da poter essere tutti presenti.

La commissione è rimasta colpita positivamente da quanto finora visionato, nonostante il silenzio dei sei veggenti, imposto dalla Madonna, riguardo ai dieci segreti. Sarà il padre francescano Petar Ljubicié (scelto da Mirijana) a rivelare cosa succederà all'umanità dieci giorni prima degli eventi.

Il cardinale Ruini è stato già ricevuto dal Pontefice per discutere dei risultati dell'indagine. Pare che la Chiesa non abbia elementi per ritenere false le apparizioni. Ciò non significa però che le riconoscerà ufficialmente, poiché di norma non è possibile farlo se i fenomeni soprannaturali sono ancora in corso.  Il giudizio della Commissione presieduta da Ruini non sarà però ufficiale finché non sarà sottoposto al vaglio della Congregazione per la dottrina della fede e successivamente a quello del Papa, che dal 1981 al 2005 già si occupò della vicenda per conto del suo predecessore, Giovanni Paolo II. Si ipotizza dunque che a fine anno la Santa Sede pronuncerà il «non constat de supernaturalitate», non consta la soprannaturalità, formula scelta quando la Chiesa Cattolica non ha elementi per pronunciarsi con certezza sulla soprannaturalità di un evento, ma nemmeno quella per affermare il «consta che non», espressione usata per smentire fenomeni ritenuti sicuramente fasulli.





domenica 13 maggio 2012

FATIMA : 13 MAGGIO 1917 - Una Signora più splendente del sole

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Ricorre oggi 13 maggio l'anniversario della prima apparizione della Madonna a Fatima. I protagonisti degli avvenimenti di Fatima furono tre pastorelli: Lucia dos Santos di dieci anni e i suoi cugini Giacinta Marto di sette anni e Francesco Marto di nove anni.

Una Signora più splendente del sole: 

FATIMA : 13 MAGGIO 1917


Erano passati sei mesi dall'ultima apparizione dell'Angelo. Era primavera: 13 maggio 1917. In questo giorno i pastorelli portarono le pecore in una piccola proprietà dei genitori di Lucia chiamata Cova di Iria. La giornata era serena e i fanciulli giuocavano tra gli alberi. Improvvisamente videro due raggi di luce, come lampi nel cielo. Quando guardarono nella direzione della luce videro sulla cima di un leccio una Signora vestita di bianco. Sembrava più brillante del sole. La luce che l'avvolgeva era più intensa e più forte di quella che avvolgeva l'Angelo. La sua faccia; ah, la sua faccia!... Era molto molto bella. Non era né triste né allegra, ma serena. Aveva le mani giunte sopra il petto come se stesse pregando; da esse le pendeva un Rosario. I suoi vestiti sembravano fatti solamente di luce. Il vestito e il manto erano bianchi e orlati d'oro. Attratti dalla abbagliante Signora, si avvicinarono al piccolo leccio. Erano così vicini a Lei che la luce li avvolgeva. Francesco poteva vederla perfettamente, ma Lucia e Giacinta erano capaci anche di sentirla. - Non abbiate paura, io non vi faccio male - disse loro. - Da dove viene, Signora? - chiese Lucia. - Io vengo dal cielo - rispose la Signora indicando il cielo azzurro. - Cosa chiede, Signora? - continuò Lucia con insistenza. - Sono venuta per chiedervi che veniate qui per sei mesi consecutivi il giorno tredici, a questa ora. Dopo dirò chi sono, cosa voglio e tornerò qui ancora una settima volta. La splendente Signora domandò se fosse loro piaciuto salvare i poveri peccatori. Al ché Lucia rispose: - Sì, vogliamo. - Però dovrete soffrire molto, ma la grazia di Dio sarà il vostro conforto - completò la Signora. Quando disse questo, aprì le mani e una luce intensa uscì da esse e si diffuse sui pastorelli, penetrando nei loro cuori. Si sentirono più vicini a Dio e felici più che mai. Senza altre spiegazioni sentirono il desiderio di pregare. Si inginocchiarono e ripeterono: - O Santissima Trinità ti adoro! Mio Dio, mio Dio ti amo nel Santissimo Sacramento. La Signora disse: - Pregate il Rosario ogni giorno per ottenere la pace in tutto il mondo e la fine della guerra. L'Europa si trovava infatti coinvolta in una terribile guerra: la prima guerra mondiale. Infine la Signora cominciò ad alzarsi verso est e sparì nell'azzurro brillante del cielo. Lucia, con paura, chiese ai cuginetti che non dicessero niente a nessuno. Lucia durante tutte le apparizioni, sarà quella che converserà con la Signora, Giacinta la vedrà e udirà le sue parole ma senza parlarle, Francesco non l’udirà, ma la vedrà solamente, accettando di sapere dalle due bambine, quello che la Signora diceva.

Giacinta però era così felice che alla prima occasione raccontò tutto alla mamma.
La signora Olimpia pensò che fosse qualche scherzo tanto che rispose: - Devi essere davvero una piccola santa perché la Madonna ti sia apparsa! In realtà niente poteva essere più straordinario. Proprio per questo le notizie corsero come il fuoco nel campo. Il giorno dopo tutti nel villaggio sapevano. La mamma di Lucia, la signora Mariarosa pensò che i fanciulli mentissero e diede uno schiaffo alla figlia, dicendo: - Ah, no! Non avrò una figlia bugiarda! Il giorno dopo la signora Mariarosa portò Lucia a parlare con il signor parroco. Questi fu però più buono e le fece solo alcune domande. Dopo disse alla mamma Mariarosa che non doveva preoccuparsi, né castigare la figlia. Concluse che forse si trattava solo di immaginazione... La signora Mariarosa e la signora Olimpia decisero di trattare i figli come se non fosse successo niente. Sperarono così, che i tre dimenticassero l'argomento. Ma, come avrebbero potuto dimenticare la splendente Signora? Successe esattamente il contrario. I tre pastorelli parlavano e pensavano alla signora in tutti i momenti e costò loro molto l'attesa di poterla vedere un'altra volta nel giorno tredici di giugno.

giovedì 3 maggio 2012

Discorso del Santo Padre Benedetto XVI al Reichstag di Berlino (Germania)

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Riproponiamo il bellissimo discorso del Santo Padre Benedetto XVI tenuto durante il viaggio apostolico in Germania del del 22-25 settembre 2011 nella visita al parlamento federale, sull'importanza della politica e del rispetto della morale naturale insita in ogni uomo, ed il rapporto tra natura e ragione.

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI 
Reichstag di Berlin
Giovedì, 22 settembre 2011

Illustre Signor Presidente Federale! Signor Presidente del Bundestag! Signora Cancelliere Federale! Signora Presidente del Bundesrat! Signore e Signori Deputati!


È per me un onore e una gioia parlare davanti a questa Camera alta – davanti al Parlamento della mia Patria tedesca, che si riunisce qui come rappresentanza del popolo, eletta democraticamente, per lavorare per il bene della Repubblica Federale della Germania. Vorrei ringraziare il Signor Presidente del Bundestag per il suo invito a tenere questo discorso, così come per le gentili parole di benvenuto e di apprezzamento con cui mi ha accolto. In questa ora mi rivolgo a Voi, stimati Signori e Signore – certamente anche come connazionale che si sa legato per tutta la vita alle sue origini e segue con partecipazione le vicende della Patria tedesca. Ma l’invito a tenere questo discorso è rivolto a me in quanto Papa, in quanto Vescovo di Roma, che porta la suprema responsabilità per la cristianità cattolica. Con ciò Voi riconoscete il ruolo che spetta alla Santa Sede quale partner all’interno della Comunità dei Popoli e degli Stati. In base a questa mia responsabilità internazionale vorrei proporVi alcune considerazioni sui fondamenti dello Stato liberale di diritto.

Mi si consenta di cominciare le mie riflessioni sui fondamenti del diritto con una piccola narrazione tratta dalla Sacra Scrittura. Nel Primo Libro dei Re si racconta che al giovane re Salomone, in occasione della sua intronizzazione, Dio concesse di avanzare una richiesta. Che cosa chiederà il giovane sovrano in questo momento? Successo, ricchezza, una lunga vita, l’eliminazione dei nemici? Nulla di tutto questo egli chiede. Domanda invece: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male” (1Re 3,9). Con questo racconto la Bibbia vuole indicarci che cosa, in definitiva, deve essere importante per un politico. Il suo criterio ultimo e la motivazione per il suo lavoro come politico non deve essere il successo e tanto meno il profitto materiale. La politica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace. Naturalmente un politico cercherà il successo senza il quale non potrebbe mai avere la possibilità dell’azione politica effettiva. Ma il successo è subordinato al criterio della giustizia, alla volontà di attuare il diritto e all’intelligenza del diritto. Il successo può essere anche una seduzione e così può aprire la strada alla contraffazione del diritto, alla distruzione della giustizia. “Togli il diritto – e allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?” ha sentenziato una volta sant’Agostino.[1] Noi tedeschi sappiamo per nostra esperienza che queste parole non sono un vuoto spauracchio. Noi abbiamo sperimentato il separarsi del potere dal diritto, il porsi del potere contro il diritto, il suo calpestare il diritto, così che lo Stato era diventato lo strumento per la distruzione del diritto – era diventato una banda di briganti molto ben organizzata, che poteva minacciare il mondo intero e spingerlo sull’orlo del precipizio. Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia è e rimane il compito fondamentale del politico. In un momento storico in cui l’uomo ha acquistato un potere finora inimmaginabile, questo compito diventa particolarmente urgente. L’uomo è in grado di distruggere il mondo. Può manipolare se stesso. Può, per così dire, creare esseri umani ed escludere altri esseri umani dall’essere uomini. Come riconosciamo che cosa è giusto? Come possiamo distinguere tra il bene e il male, tra il vero diritto e il diritto solo apparente? La richiesta salomonica resta la questione decisiva davanti alla quale l’uomo politico e la politica si trovano anche oggi.

In gran parte della materia da regolare giuridicamente, quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente. Ma è evidente che nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta: nel processo di formazione del diritto, ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento. Nel terzo secolo, il grande teologo Origene ha giustificato così la resistenza dei cristiani a certi ordinamenti giuridici in vigore: “Se qualcuno si trovasse presso il popolo della Scizia che ha leggi irreligiose e fosse costretto a vivere in mezzo a loro … questi senz’altro agirebbe in modo molto ragionevole se, in nome della legge della verità che presso il popolo della Scizia è appunto illegalità, insieme con altri che hanno la stessa opinione, formasse associazioni anche contro l’ordinamento in vigore…”[2]

In base a questa convinzione, i combattenti della resistenza hanno agito contro il regime nazista e contro altri regimi totalitari, rendendo così un servizio al diritto e all’intera umanità. Per queste persone era evidente in modo incontestabile che il diritto vigente, in realtà, era ingiustizia. Ma nelle decisioni di un politico democratico, la domanda su che cosa ora corrisponda alla legge della verità, che cosa sia veramente giusto e possa diventare legge non è altrettanto evidente. Ciò che in riferimento alle fondamentali questioni antropologiche sia la cosa giusta e possa diventare diritto vigente, oggi non è affatto evidente di per sé. Alla questione come si possa riconoscere ciò che veramente è giusto e servire così la giustizia nella legislazione, non è mai stato facile trovare la risposta e oggi, nell’abbondanza delle nostre conoscenze e delle nostre capacità, tale questione è diventata ancora molto più difficile.

Come si riconosce ciò che è giusto? Nella storia, gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati in modo religioso: sulla base di un riferimento alla Divinità si decide ciò che tra gli uomini è giusto. Contrariamente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto – ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio. Con ciò i teologi cristiani si sono associati ad un movimento filosofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II a. Cr. Nella prima metà del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturale sociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romano.[3] In questo contatto è nata la cultura giuridica occidentale, che è stata ed è tuttora di un’importanza determinante per la cultura giuridica dell’umanità. Da questo legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta, attraverso il Medioevo cristiano, allo sviluppo giuridico dell’Illuminismo fino alla Dichiarazione dei Diritti umani e fino alla nostra Legge Fondamentale tedesca, con cui il nostro popolo, nel 1949, ha riconosciuto “gli inviolabili e inalienabili diritti dell'uomo come fondamento di ogni comunità umana, della pace e della giustizia nel mondo”.

Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ragione e la natura nella loro correlazione. Questa scelta l’aveva già compiuta san Paolo, quando, nella sua Lettera ai Romani, afferma: “Quando i pagani, che non hanno la Legge [la Torà di Israele], per natura agiscono secondo la Legge, essi … sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza…” (Rm 2,14s). Qui compaiono i due concetti fondamentali di natura e di coscienza, in cui “coscienza” non è altro che il “cuore docile” di Salomone, la ragione aperta al linguaggio dell’essere. Se con ciò fino all’epoca dell’Illuminismo, della Dichiarazione dei Diritti umani dopo la seconda guerra mondiale e fino alla formazione della nostra Legge Fondamentale la questione circa i fondamenti della legislazione sembrava chiarita, nell’ultimo mezzo secolo è avvenuto un drammatico cambiamento della situazione. L’idea del diritto naturale è considerata oggi una dottrina cattolica piuttosto singolare, su cui non varrebbe la pena discutere al di fuori dell’ambito cattolico, così che quasi ci si vergogna di menzionarne anche soltanto il termine. Vorrei brevemente indicare come mai si sia creata questa situazione. È fondamentale anzitutto la tesi secondo cui tra l’essere e il dover essere ci sarebbe un abisso insormontabile. Dall’essere non potrebbe derivare un dovere, perché si tratterebbe di due ambiti assolutamente diversi. La base di tale opinione è la concezione positivista, oggi quasi generalmente adottata, di natura. Se si considera la natura – con le parole di Hans Kelsen – “un aggregato di dati oggettivi, congiunti gli uni agli altri quali cause ed effetti”, allora da essa realmente non può derivare alcuna indicazione che sia in qualche modo di carattere etico.[4] Una concezione positivista di natura, che comprende la natura in modo puramente funzionale, così come le scienze naturali la riconoscono, non può creare alcun ponte verso l’ethos e il diritto, ma suscitare nuovamente solo risposte funzionali. La stessa cosa, però, vale anche per la ragione in una visione positivista, che da molti è considerata come l’unica visione scientifica. In essa, ciò che non è verificabile o falsificabile non rientra nell’ambito della ragione nel senso stretto. Per questo l’ethos e la religione devono essere assegnati all’ambito del soggettivo e cadono fuori dall’ambito della ragione nel senso stretto della parola. Dove vige il dominio esclusivo della ragione positivista – e ciò è in gran parte il caso nella nostra coscienza pubblica – le fonti classiche di conoscenza dell’ethos e del diritto sono messe fuori gioco. Questa è una situazione drammatica che interessa tutti e su cui è necessaria una discussione pubblica; invitare urgentemente ad essa è un’intenzione essenziale di questo discorso.

Il concetto positivista di natura e ragione, la visione positivista del mondo è nel suo insieme una parte grandiosa della conoscenza umana e della capacità umana, alla quale non dobbiamo assolutamente rinunciare. Ma essa stessa nel suo insieme non è una cultura che corrisponda e sia sufficiente all’essere uomini in tutta la sua ampiezza. Dove la ragione positivista si ritiene come la sola cultura sufficiente, relegando tutte le altre realtà culturali allo stato di sottoculture, essa riduce l’uomo, anzi, minaccia la sua umanità. Lo dico proprio in vista dell’Europa, in cui vasti ambienti cercano di riconoscere solo il positivismo come cultura comune e come fondamento comune per la formazione del diritto, riducendo tutte le altre convinzioni e gli altri valori della nostra cultura allo stato di una sottocultura. Con ciò si pone l’Europa, di fronte alle altre culture del mondo, in una condizione di mancanza di cultura e vengono suscitate, al contempo, correnti estremiste e radicali. La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto.

Ma come lo si realizza? Come troviamo l’ingresso nella vastità, nell’insieme? Come può la ragione ritrovare la sua grandezza senza scivolare nell’irrazionale? Come può la natura apparire nuovamente nella sua vera profondità, nelle sue esigenze e con le sue indicazioni? Richiamo alla memoria un processo della recente storia politica, nella speranza di non essere troppo frainteso né di suscitare troppe polemiche unilaterali. Direi che la comparsa del movimento ecologico nella politica tedesca a partire dagli anni Settanta, pur non avendo forse spalancato finestre, tuttavia è stata e rimane un grido che anela all’aria fresca, un grido che non si può ignorare né accantonare, perché vi si intravede troppa irrazionalità. Persone giovani si erano rese conto che nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va; che la materia non è soltanto un materiale per il nostro fare, ma che la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni. È chiaro che qui non faccio propaganda per un determinato partito politico – nulla mi è più estraneo di questo. Quando nel nostro rapporto con la realtà c’è qualcosa che non va, allora dobbiamo tutti riflettere seriamente sull’insieme e tutti siamo rinviati alla questione circa i fondamenti della nostra stessa cultura. Mi sia concesso di soffermarmi ancora un momento su questo punto. L’importanza dell’ecologia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente. Vorrei però affrontare con forza un punto che – mi pare – venga trascurato oggi  come ieri: esiste anche un’ecologia dell’uomo. Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli rispetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana.

Torniamo ai concetti fondamentali di natura e ragione da cui eravamo partiti. Il grande teorico del positivismo giuridico, Kelsen, all’età di 84 anni – nel 1965 – abbandonò il dualismo di essere e dover essere. (Mi consola il fatto che, evidentemente, a 84 anni si sia ancora in grado di pensare qualcosa di ragionevole.) Aveva detto prima che le norme possono derivare solo dalla volontà. Di conseguenza – aggiunge – la natura potrebbe racchiudere in sé delle norme solo se una volontà avesse messo in essa queste norme. Ciò, d’altra parte – dice – presupporrebbe un Dio creatore, la cui volontà si è inserita nella natura. “Discutere sulla verità di questa fede è una cosa assolutamente vana”, egli nota a proposito.[5] Lo è veramente? – vorrei domandare. È veramente privo di senso riflettere se la ragione oggettiva che si manifesta nella natura non presupponga una Ragione creativa, un Creator Spiritus?

A questo punto dovrebbe venirci in aiuto il patrimonio culturale dell’Europa. Sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore sono state sviluppate l’idea dei diritti umani, l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire. Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale. Ignorarla o considerarla come mero passato sarebbe un’amputazione della nostra cultura nel suo insieme e la priverebbe della sua interezza. La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa. Nella consapevolezza della responsabilità dell’uomo davanti a Dio e nel riconoscimento della dignità inviolabile dell’uomo, di ogni uomo, questo incontro ha fissato dei criteri del diritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico.

Al giovane re Salomone, nell’ora dell’assunzione del potere, è stata concessa una sua richiesta. Che cosa sarebbe se a noi, legislatori di oggi, venisse concesso di avanzare una richiesta? Che cosa chiederemmo? Penso che anche oggi, in ultima analisi, non potremmo desiderare altro che un cuore docile – la capacità di distinguere il bene dal male e di stabilire così un vero diritto, di servire la giustizia e la pace. Vi ringrazio per la vostra attenzione.



[1] De civitate Dei IV, 4, 1.
[2] Contra Celsum GCS Orig. 428 (Koetschau); cfr A. Fürst, Monotheismus und Monarchie. Zum Zusammenhang von Heil und Herrschaft in der Antike. In: Theol.Phil. 81 (2006) 321 – 338; citazione p. 336; cfr anche J. Ratzinger, Die Einheit der Nationen. Eine Vision der Kirchenväter (Salzburg – München 1971) 60.
[3] Cfr W. Waldstein, Ins Herz geschrieben. Das Naturrecht als Fundament einer menschlichen Gesellschaft (Augsburg 2010) 11ss; 31 – 61.
[4] Waldstein, op. cit. 15 – 21.
[5] Citato secondo Waldstein, op. cit. 19.


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mercoledì 2 maggio 2012

Messaggio da Medjugorje a Mirijana, 2 Maggio 2012

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Messaggio da Medjugorje a Mirijana, 2 Maggio 2012

“Cari figli, con amore materno io vi prego: datemi le vostre mani, permettete che io vi guidi. Io, come Madre, desidero salvarvi dall’inquietudine, dalla disperazione e dall’esilio eterno. Mio Figlio, con la sua morte in croce, ha mostrato quanto vi ama, ha sacrificato se stesso per voi e per i vostri peccati. Non rifiutate il suo sacrificio e non rinnovate le sue sofferenze con i vostri peccati. Non chiudete a voi stessi la porta del Paradiso.  Figli miei, non perdete tempo. Niente è più importante dell’unità in mio Figlio. Io vi aiuterò, perché il Padre Celeste mi manda affinché insieme possiamo mostrare la via della grazia e della salvezza a tutti coloro che non Lo conoscono. Non siate duri di cuore. Confidate in me ed adorate mio Figlio. Figli miei, non potete andare avanti senza pastori. Che ogni giorno siano nelle vostre preghiere. Vi ringrazio”.  


Come sempre per approfondimenti e/o commenti al messaggio vi invito a visitare il sito di Radio Maria.



Ecco la traduzione del Messaggio in inglese:


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“Dear children! With motherly love I implore you to give me your hands, permit me to lead you. I, as a mother, desire to save you from restlessness, despair and eternal exile. My Son, by His death on the Cross, showed how much He loves you; He sacrificed Himself for your sake and the sake of your sins. Do not keep rejecting His sacrifice and do not keep renewing His sufferings with your sins. Do not keep shutting the doors of Heaven to yourselves. My children, do not waste time. Nothing is more important than unity in my Son. I will help you because the Heavenly Father is sending me so that, together, we can show the way of grace and salvation to all those who do not know Him. Do not be hard hearted. Have confidence in me and adore my Son. My children, you can not be without the shepherds. May they be in your prayers every day. Thank you.”




Restiamo uniti nella preghiera, alla prossima.

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